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25.11.2015

Pagnoncelli: l’Italia punti sulle proprie imprese

Lunedì 9 novembre, il noto sondaggista televisivo e presidente dell'agenzia Ipsos Nando Pagnoncelli ha tenuto una conferenza sulle potenzialità e sulle prospettive, economiche e politiche, dell’Italia. La conferenza “Italy today and tomorrow: opportunities and challenges” è stata organizzata dalla Facoltà di Scienze Sociali in collaborazione con l'Ambasciata d'Italia a Praga e l'Istituto Italiano di Cultura. CamicNet lo ha incontrato per un’intervista esclusiva.

Quali sono, secondo lei, le principali sfide che l’Italia dovrà affrontare nell’immediato futuro?

La sfida più grande è senza dubbio il rafforzamento della ripresa economica. Dalle nostre ricerche si evince che circa due terzi dei giovani vivono con i genitori, il 25% delle famiglie non riesce ad affrontare una spesa imprevista di mille euro e ben il 60% fa fatica ad affrontarne una da dieci mila euro. L'Italia può, senza dubbio, fare affidamento sulla sua imprenditorialità, con un tessuto che conta più di 5 milioni di imprese. E in molti campi si tratta di vere eccellenze: basti pensare che nelle 5 mila categorie di prodotti commercializzate, l'Italia occupa uno dei primi tre posti in ben 950 categorie. Perciò è importante che le aziende si orientino sulle esportazioni ancor più di quanto abbiano fatto in passato.

Istituzioni transnazionali come il FMI e la Commissione Europea indicano che il rallentamento del commercio internazionale rafforzerà il ruolo dei consumi interni. Non andrebbe allora cambiata la politica economica fin qui perseguita?

Personalmente ritengo di no. Sebbene effettivamente assistiamo a un rallentamento della crescita nelle nuove grandi economie, gli spazi rimangono molto ampi. Per rafforzare la propria produzione, alle imprese italiane basterebbe individuare una nicchia di mercato, neppure troppo grande. Su questo si gioca la principale sfida del futuro: in Italia c'è una grande capacità produttiva di eccellenze e ora bisogna trovarne i mercati di sbocco. Sono convinto che in Italia siano poche le imprese che conoscono una realtà così interessante, ma anche vicina, come la Repubblica Ceca. E al Governo spetta il compito di rafforzare le strategie per le esportazioni.

Negli ultimi mesi, con il tracollo borsistico in Cina e le difficoltà della Russia, è emerso che i mercati a forte tasso di crescita possono presentare notevoli instabilità. L'Europa potrebbe ancora giocare un ruolo importante nella strategia italiana di export?

Io ho un punto di vista differente. Negli ultimi anni Ipsos ha aperto le sue filiali in una quindicina di Paesi africani. Lo abbiamo fatto su richiesta di grandi multinazionali che si stanno concentrando in queste zone. In tutte queste società sta infatti emergendo un ceto medio che diventa interessante anche per le aziende europee. Sebbene alcune delle economie emergenti abbiano subìto un rallentamento della crescita, queste società hanno una popolazione talmente sterminata che diventano una grande occasione per le imprese italiane. E ciò vale anche per i prodotti di assoluta eccellenza come la Ferrari, per cui i grandi mercati emergenti - ad es. la Cina - stanno diventando importantissimi.

Solo pochi anni fa l'Italia era uno dei Paesi più europeisti di tutta l'UE. Oggi sulla scena politica italiana sono molto forti movimenti euroscettici come il M5S o la destra guidata da Matteo Salvini. Il rapporto con l'Europa è recuperabile?

A mio parere questo rapporto è recuperabile. Finora molte persone che vorrebbero uscire dall'euro sono poco consapevoli degli effetti che avrebbe tale decisione. Nel nostro Paese, infatti, non si parla mai dei costi derivanti dall’uscita dalla moneta unica. Tuttavia, c'è una parte del Paese molto critica con le istituzioni europee ma che non vuole uscire dall'euro. E lo notiamo anche nelle nostre ricerche demoscopiche: il 71% degli italiani è critico verso l'euro ma il 60% dice che fra vent'anni la moneta unica sarà sicuramente un vantaggio. E lo stesso accade con le istituzioni europee.

Negli ultimi due anni il perno della politica italiana è stato il Partito Democratico che però, nelle ultime settimane, sembra in affanno. Il PD, secondo lei, potrà mantenere le sue posizioni elettorali e di potere nel prossimo futuro?

Rispetto alle europee, il PD perde un milione di elettori che si astengono o passano al M5S. Tuttavia, è l’intero elettorato a cambiare, con una parte di consensi provenienti dal centro-destra e dunque con esigenze diverse. Il PD appare quindi diviso nella direzione e negli iscritti ma non tra gli elettori, tra cui si è manifestato un ricambio notevole. Questi si sentono in grande sintonia con il premier Renzi e l’eventuale fuoriuscita di alcuni esponenti interni alla sinistra, non avrà ripercussioni sulle preferenze di partito. Questi esponenti, infatti, non hanno un grande consenso elettorale perché i delusi di sinistra tendono a votare M5S. Si conferma così la fluidità elettorale, che non si manifesta solo nei numeri ma nella stessa composizione interna degli elettori. Rispetto al passato, ci sono ampi spazi di apertura per i partiti, con milioni di votanti non disposti ad astenersi. Gli elettori sperimentano con meno fedeltà rispetto al passato e scelgono, volta per volta, se votare e per chi.

Fonte fotografia: Ambasciata d'Italia a Praga

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