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03.05.2016

ASPI apre la sua sede a Praga

L'Associazione della Sommellerie Professionale Italiana (ASPI) aprirà a Praga una sua sede. A guidarla sarà Antonello Pranteddu, titolare dei locali Ichnusa e Bizos. ASPI è l'unica associazione italiana aderente alla prestigiosa Associazione di Sommellerie Internazionale. Abbiamo parlato della sede praghese e del vino italiano con Giuseppe Vaccarini, presidente nazionale dell'ASPI.

Presidente Vaccarini, quali saranno i compiti della sede praghese dell'ASPI?

Uno dei principali compiti dell'ASPI è la promozione della cultura e della conoscenza del vino italiano all'estero. E questo sarà anche il compito dell'ASPI a Praga. In principio ci rivolgeremo ai ristoratori italiani a Praga e in Repubblica Ceca, ma in seguito vogliamo coinvolgere anche operatori e pubblico non italiano. Abbiamo scelto Antonello Pranteddu come presidente della sede praghese per la sua grande esperienza nel settore della ristorazione.

La cultura del vino italiano è ricca di vitigni autoctoni. Questa è una risorsa o un problema per la diffusione della conoscenza del vino italiano all'estero?

La grande quantità di vitigni autoctoni è una grande ricchezza della cultura del vino italiano. Questa ricchezza richiede la formazione di personale e sommelier specializzati che sappiano fornire al consumatore tutte le informazioni riguardanti il vino che sta consumando. La maggior parte dei consumatori conosce di solito solo i cinque, sei vitigni più noti al mondo come il Sauvignon, il Chardonnay, il Merlot o il Syrah.

Il vino italiano viene sempre più venduto nel mondo. Lei come valuta questo processo di globalizzazione dei prodotti italiani?

Penso sia un trend positivo. Questo successo è soprattutto il risultato dell'impegno degli operatori italiani all'estero e meno delle politiche mirate delle esportazioni. Gli operatori italiani all'estero sono spesso molto intraprendenti e sopperiscono così alle carenze dello Stato e della Pubblica Amministrazione nella promozione dei prodotti italiani all'estero. Le esportazioni sono aiutate anche dal fatto che al gusto italiano sia riconosciuta in tutto il mondo una grande qualità. Infine rispetto a concorrenti storici, come la Francia, ci distingue una grande varietà di vini e vitigni.

L'Italia ha una rivalità storica con la Francia. Tuttavia sul mercato globale stanno emergendo nuove aree produttrici come la California, l'Argentina o l'Australia. Quanto possono mettere in difficoltà l'Italia?

Molto ben organizzati sono i produttori cileni, che hanno vini di buona qualità, sanno venderli e in molti Paesi asiatici hanno ottenuto esenzioni dalle accise, che di per sé è un vantaggio incredibile. La produzione cilena però non è tanto grande da far temere i produttori europei. Un potenziale pericolo potrebbe essere l'Argentina, dove la produzione è molto più ampia e i vini sono buoni. I vini argentini sono pensati per il mercato americano e hanno uno stile più vicino a quello francese. Tuttavia il sistema argentino è molto disorganizzato. Un altro potenziale concorrente potrebbe essere la Cina, che tuttavia ha cominciato a piantare i suoi vigneti solo di recente e con l’aiuto di esperti italiani e francesi. Non vedo per ora altri grandi pericoli. I vini californiani sono infatti abbastanza cari, mentre quelli spagnoli hanno la loro nicchia che non va a scapito dei vini italiani. Un rischio potenziale, che però riguarda tutti i produttori, potrebbe provenire solo dal cambio di stile di vita grazie, ad esempio, a campagne contro l'alcool.

Negli ultimi anni il vino italiano sta riscuotendo grandi successi sui mercati anglosassoni. Quali sono i motivi di questo successo?

Il vino italiano ha sempre avuto una posizione forte su questi mercati, ma negli ultimi anni siamo riusciti a erodere alcune posizioni dei francesi. Poi ci sono anche alcuni prodotti di recente successo. Penso al Prosecco che si è saputo far valer grazie all'impegno degli imprenditori. Si tratta infatti di un vino che ha una bella confezione, è un vino facile da bere, ha una bassa gradazione alcolica e il gusto può essere aggiustato sulla base del mercato a cui è destinato. E ovviamente costa molto meno dello champagne.

Un altro dato significativo è il calo dell'export del vino sfuso e l'aumento di quello in bottiglia. Secondo Lei questo trend continuerà?

Il trend probabilmente continuerà. Il vino in bottiglia è una maggiore garanzia per tutti. Infatti gli stessi produttori di vino sfuso ormai tendono a trasformarsi in imbottigliatori. Il lavoro è più impegnativo ma il valore del vino aumenta sensibilmente.

Negli ultimi anni stanno crescendo molto anche i vini biologici e biodinamici. Secondo Lei è solo una moda passeggera o è un andamento ormai consolidato?

Ancora siamo a livelli di moda, i trend hanno però bisogno del tempo per sedimentarsi. I vini biologici e i biodinamici hanno il loro senso. Se si riuscisse davvero a coltivare la vite in maniera più ecologica, sarebbe un bel successo. I consumatori sono infatti alla ricerca di cose naturali. Perciò questi vini hanno certamente un futuro.

 

Fonte fotografia: Ambasciata d'Italia

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