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12.12.2016

Cina economia di mercato: un pericolo per l’industria europea?

Domenica 11 dicembre sono passati 15 anni dall'entrata della Cina nell'Organizzazione Mondiale del Commercio. In base a quanto disposto dell'accordo di adesione, la Cina si aspetta un riconoscimento automatico del suo status di economia di mercato da parte degli altri Stati aderenti al WTO, compresa l'Unione Europea.

Contrario a questa interpretazione è il cartello di trenta associazioni industriali europee Aegis. Secondo gli industriali, l'Unione Europea non dovrebbe abbassare la guardia. «Siamo chiari: l'interpretazione degli accordi da parte della Cina è completamente fuorviante – dichiara il portavoce di Aegis Milan Nitzchske – C'è un chiaro e innegabile bisogno di mantenere un sistema  anti-dumping efficiente che controbilanci il dumping prodotto dal sistema di distorsione dei prezzi in Cina. Queste distorsioni sono sginficative e non accidentali, in quanto fanno parte dell'economia di base cinese».

L'industria europea teme una forte ricaduta negativa sul suo tessuto produttivo per un'eventuale cancellazione o riduzione dei dazi. Tra i settori più preoccupati c'è l'industria dell'acciaio, l'industria chimica, la produzione di tecnologie fotovoltaiche, l'industria della ceramica, oltreché la produzione di carta, d'alluminio e di biciclette. Secondo un rapporto dell'Economy Policy Institute le ricadute occupazionali del pieno riconoscimenti delle status di economia di mercato della Cina sarebbero massicce. Questo passo porterebbe a una perdita stimata tra 1,5 e 3 milioni di posti di lavoro in meno, metà dei quali nell'industria manifatturiera. Secondo il rapporto, in Italia si potrebbero perdere fino a 416.000 posti di lavoro. L'area più colpita sembra il centro Europea: le stime per la Repubblica Ceca parlano di una perdita tra 47.000 e 94.000 posti di lavoro. Tuttavia anche la politica dei dazi avrebbe un costo, in quanto porterebbe a un calo generale di domanda. Lo sostiene l'Alleanza per un’Energia Solare Accessibile (AFASE) sulla base di un rapporto dell'Istituto Prognos. Il rapporto sottolinea come un rialzo deciso dei dazi porterebbe a una perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro, soprattutto nel settore dei servizi. Inoltre, i dazi potrebbero portare a un aumento dei prezzi sul mercato europeo e di conseguenza a una riduzione del potere d'acquisto dei cittadini.

 

Intanto la Commissione Europea mantiene lo status quo. La Commissione ha deciso di abolire la distinzione tra economie di mercato e non di mercato risolvendo di fatto la questione del riconoscimento della Cina. A novembre sono state approvate anche le nuove linee guida per il calcolo dei dazio. La modifica ha abbandonato solo in parte la politica del Lesser Duty Rule, ossia del sistema che fissa il dazio, secondo i parametri più convenienti all'esportatore. Ciò comporta l’avere in Europa dazi di alcune decine di punti di percentuale, mentre negli Stati Uniti gli stessi settori godono di dazi di centinaia di punti di percentuale. Tuttavia tra i Stati membri non c'è unanimità sul percorso da intraprendere. L’Italia e la Francia sono da tempo favorevoli a un forte rialzo delle misure anti-dumping, mentre il Regno Unito e molti Paesi del nord Europa sono contrari. Il risultato è un sistema anti-dumping, la cui intensità d'intervento non sarà molto diversa dal sistema precedente.

Fonte: Camic

Fonte fotografia: Pixabay

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