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01.08.2017

Com’è fare ricerca internazionale a Brno?

Attirare i cervelli e i ricercatori stranieri è uno degli obiettivi delle istituzioni ceche. Al Centro Internazionale di Ricerche Cliniche dell'Ospedale di Sant'Anna di Brno sembrano esserci riusciti, figura, infatti, tra le file dei ricercatori della clinica, anche un nutrito gruppo di italiani. Ma com'è fare ricerca a Brno? Lo abbiamo chiesto a due di loro: dr. Giancarlo Forte, direttore del Centro di Medicina Traslazionale di FNUSA-ICRC e la dr.ssa Viola Galligioni, direttrice del Centro di Ricerca sugli Animali e vice-chair di FNUSA-ICRC.

Avete alle spalle una carriera internazionale. Cosa vi ha spinto ad arrivare a Brno?

Viola Galligioni: «Prima di arrivare a Brno nel 2014, lavoravo all'Università di Trento e primo avevo fatto altre esperienze all'estero, ad esempio in Germania. All'epoca avevo voglia di fare una nuova esperienza internazionale in campo preclinico. Su un giornale scientifico internazionale ho letto il bando, con cui veniva aperta l'assunzione al FNUSA-ICRC tramite un concorso internazionale. FNUSA-ICRC mi ha interessato proprio per la sua posizione di centro di ricerca legato all'ospedale. Grazie a ciò qui vengono condotte sia ricerche di base sia sperimentazioni cliniche». 

Giancarlo Forte: «Anche io ho risposto ad un bando internazionale. Sono arrivato nel 2013 a Brno dopo un'esperienza di tre anni in Giappone. All’epoca avevamo deciso, con mia moglie, di tornare in Europa e ho risposto a questo bando non sapendo neppure dove fosse di preciso Brno. Il laboratorio praticamente non c'era ancora e quindi lo abbiamo dovuto costruire dalle fondamenta. Un forte impulso per lo sviluppo del centro è giunto con l'arrivo alla testa di ICRC del dottor Gorazd Stokin, che ha dato una forte spinta all’internazionalizzazione».

Brno è quindi riuscita a crescere nella scena scientifica internazionale?

V.G.: «Io penso che l'internazionalizzazione di un istituto di ricerca sia sempre positiva perché porta idee, visioni ed esperienze nuove. Inoltre ogni scienziato ha un suo background di contatti internazionali che aiutano a creare un network tra Brno e gli altri luoghi di ricerca internazionale. La presenza di ricercatori esteri aiuta la città a crescere sulla scena scientifica internazionale in maniera significante. Le faccio un esempio: quando convochiamo un convegno o un workshop qui a Brno, tutti chi chiedono, dove si trova la città. Dopo il convengo tutti lo sanno. Aiuta molto anche la presenza dei fondi europei: i ricercatori, che vengono qui, sanno che ci sono risorse per lavorare».

G.F.: «Dal punto di vista delle infrastrutture e dei finanziamenti, basta pensare all'Ospedale di Sant'Anna di Brno che ha acquistato moltissimi nuovi macchinari per  un valore di decine di milioni di euro. Anche l'ICRC ha investito molto in strumentazione ma anche in stipendi per i ricercatori. Tutto ciò crea opportunità per i ricercatori esteri e locali. Il mio progetto ha ricevuto un finanziamento di circa sette milioni di euro, mentre un finanziamento medio dall'European Research Council è di 1,5 milioni di euro. Questo vuol dire che la Repubblica Ceca è capace di investire in maniera massiccia in progetti di ricerca, anche in quelli presentati da stranieri».

Quali sono state le maggiori difficoltà nell'arrivare a Brno per fare ricerca? E non conoscere la lingua ceca vi ha sfavorito?

V.G.: «Non ho trovato difficoltà maggiori, tranne i collegamenti internazionali. Grazie al fatto che nel nostro istituto si parla l'inglese, anche in amministrazione, nemmeno la lingua è stata d'ostacolo. Fuori dall'istituto si parla più inglese rispetto alla media italiana. Sapere il ceco aiuterebbe però in discussioni più informali con colleghi o con i rappresentanti delle istituzioni ceche».

G.F.: «Provenendo dal Giappone, abbiamo subito con mia moglie un piccolo shock culturale. Comunque, anche non conoscendo nessuno qui, non abbiamo riscontrato difficoltà. Per la lingua, ho notato che il ceco è più difficile del giapponese (sorride)».

All'ICRC lavorano anche diversi stagisti provenienti da università italiane. La Repubblica Ceca sta diventando attraente anche per i giovani ricercatori pur essendo ancora considerata, talvolta, un Paese dell'Est?

G.F.: «Solo pochi centri in Italia hanno una strumentazione paragonabile a quella dell'ICRC. E solo pochi nostri colleghi e professori italiani hanno potuto partecipare a grant, a cui invece noi partecipiamo senza problemi, e altrettanto pochi sono coloro che hanno ottenuto lo stesso sostegno dal loro stato di riferimento. Spero che la Repubblica Ceca continui su questa strada e che l'Italia riesca a ridurre le distanze».

V.G.: «Ma non si tratta solo di posizioni lavorative e finanziamenti. Apprezzo l'indipendenza che l'ICRC ci fornisce. Significa, ad esempio, poter scrivere un progetto o un articolo firmandolo con il proprio nome senza passare per il “barone universitario” di riferimento. E questo è impagabile».

Video: FNUSA ICRC ICCTRM Brno

Articolo: Eccellenze italiane a Brno, il centro di ricerca FNUSA-ICRC

Fonte: Camic

Fonte fotografie: FNUSA-ICRC

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