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10.02.2016

Esterovestizione, problematica da non sottovalutare

Giovedì 25 febbraio la Camera di Commercio e dell’Industria Italo-Ceca terrà nella propria sede un seminario sui temi dell’esterovestizione e del transfert pricing tra società collegate con sedi legali in Italia e in Repubblica Ceca.

Si tratta di tematiche che riguardano in modo particolare le società italiane che hanno controllate all’estero. “Nel caso dell’esterovestizione, le autorità fiscali italiane cercano di dimostrare che la società estera, facente capo ad una italiana o a soci italiani, abbia la sede legale effettiva in Italia e sia quindi sottoposta al fisco italiano – riferisce Luca Savino di Savino & Partners – Non basta infatti che la società abbia sede legale all’estero e svolga la sua attività principale nel Paese d’adozione. Le autorità fiscali infatti considerano anche una serie di altri parametri come la composizione degli azionisti e dei soci o l’effettiva amministrazione della società. E l’onere della prova è spesso a carico delle imprese, anziché dell'Amministrazione fiscale”.

Una società con sede formale all’estero, ma con tutti i soci e azionisti italiani, oppure guidata direttamente dall’Italia, potrebbe cambiare status agli occhi del fisco italiano. “Il pericolo principale è che tale società venga dichiarata una stabile organizzazione e quindi con i ricavi imponibili in Italia – sottolinea Luca Savino – Ovviamente questo metterebbe la società madre italiana in grande difficoltà, in quanto l’Agenzia delle Entrate esigerebbe il pagamento delle imposte con penalità, per un valore che potrebbe diventare insostenibile per l’azienda. Perciò è molto importante valutare chi saranno i soci, quale controllo sarà esercitato dalla società madre e ovviamente farsi consigliare da tecnici competenti”.

Un’altra materia a cui il fisco italiano dedica una grande attenzione nel campo dei rapporti tra società madre italiana e società figlia all’estero è il transfert pricing. “L’Agenzia delle Entrate solitamente valuta se con compravendite tra le due società non avvenga un’esportazione illecita di utile nel Paese con un sistema fiscale più conveniente – dice Luca Savino – Le società quindi devono dimostrare che il valore delle transazioni non sia manipolato e che avvenga a prezzi di mercato”.

Il transfert pricing è dal 2014 anche nel mirino delle Autorità fiscali ceche. Il Paese infatti ha aderito di recente all’Accordo multilaterale per lo scambio automatico di informazioni, come già fatto dall’Italia. “Con il nuovo accordo non cambia la base dati condivisa ma solo la procedura di richiesta, che diverrà molto più fluida – nota Luca Savino – In pratica basterà che un dirigente dell’Agenzia delle Entrate italiane faccia una richiesta al suo omologo ceco, senza bisogno di rogatorie e di altre autorizzazioni di tipo giudiziario. Ovviamente rimane in parte un problema linguistico, perché le categorie del diritto tributario italiano non sempre corrispondono perfettamente a quelle del diritto tributario ceco”.

L’approccio al tema tuttavia sembra per ora differente tra i due Paesi. “L’attività del fisco italiano è per una serie di motivi molto più assertiva – dice Luca Savino – In Repubblica Ceca da controlli di tipo formale siamo passati negli ultimi anni a controlli sostanziali e talvolta all’incrocio di dati. Il rapporto tra le autorità fiscali ceche e i cittadini rimane corretto anche grazie ad un livello di tassazione sopportabile”.

Il seminario Transfer pricing ed esterovestizione: fiscalità e aspetti legali si terrà giovedì 25 febbraio alle ore 9 nella sede della Camera di Commercio e dell’Industria Italo-Ceca in via Husova 25, Praga 1. Al seminario interverrà in qualità di relatore anche l’avv. Massimiliano Lissi dello studio legale N-C.S.

Fonte fotografia: Pixabay

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