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09.03.2016

Matteo De Carli, tradizione e originalità

Casa De Carli, uno dei più importanti ristoranti di cucina italiana a Praga, compirà in estate il suo quarto anno di attività. Con Matteo De Carli, chef del ristorante, abbiamo parlato della sua visione della gastronomia italiana e della gestione del ristorante.

Casa De Carli compie quattro anni di attività. Qual è il suo bilancio?

Sicuramente è un'esperienza positiva e molto bella. Aprire un ristorante a Praga è stata una grande avventura, perché non conoscevamo assolutamente il mercato locale. Tuttavia è un’esperienza che ci diverte e oggi possiamo contare su una stabile clientela. Mi piace che a Praga ci sia molta concorrenza tra i ristoranti di qualità. È un fattore positivo, che ci spinge continuamente a migliorare.

Prima di aprire il ristorante lei ha lavorato all'estero per importanti catene di ristoranti o alberghi. Com'è stato mettersi in proprio?

In un grande albergo o in una catena di ristoranti lo chef ha dietro di sé un'equipe e quindi non si deve curare di molti aspetti gestionali. In un ristorante a condizione familiare dobbiamo occuparci direttamente di ambiti come il marketing, non strettamente legati alla cucina. Mi sono quindi dovuto rimettere in gioco in queste attività.

Quali sono i pilastri della cucina del suo ristorante?

Nei nostri piatti cerchiamo una semplicità ricercata. Teniamo molto alla freschezza e alla qualità degli ingredienti, quindi non vogliamo complicarli troppo. Allo stesso tempo sono dell'idea che in un ristorante bisogna offrire piatti che non si ha la possibilità di cucinare a casa. Perciò sul nostro menù non si troveranno mai i piatti base offerti in quasi tutti i ristoranti italiani. Un altro fondamento della nostra cucina è la manualità, perché facciamo in casa anche il pane e la pasta.

E la clientela come ha risposto a questo modo di fare cucina?

Abbiamo delle nostre idee, che cerchiamo di condividere e trasmettere ai clienti. Facciamo ristorazione per piacere e passione, quindi non avrebbe senso cucinare piatti in cui non crediamo. Su questo non scendiamo a compromessi. Seguendo la nostra filosofia facciamo contenta la nostra clientela, che ci siamo costruiti in questi anni, e noi stessi. Ma non possiamo e non vogliamo piacere a tutti.

Lei propone piatti che pur essendo costruiti su ingredienti di alta qualità hanno un punto di innovazione rispetto alla tradizione culinaria italiana. Allora, qual è secondo Lei l'equilibrio tra tradizione e innovazione?

Io amo l'innovazione e mi piace la tradizione, sono cosciente che quest’ultima è solo una questione di tempo. Anche l'attuale tradizione è il risultato di una lenta sedimentazione, che comunque cambia nel tempo. La tradizione è quindi soprattutto un'evoluzione. Bisogna infatti rendersi conto che nel tempo non cambiano soltanto le ricette ma anche le materie, il gusto o le tecniche di cucina. E solitamente queste evoluzioni non fanno troppo rumore. Io ho massimo rispetto delle materie prime ma non temo l'evoluzione. Perciò non mi tiro dietro se c'è la possibilità di cucinare un piatto tradizionale usando procedimenti o tecnologie innovative. Non vedo quindi nessun motivo per cui non evolvere.

Per quanto riguarda le materie prime, va in Italia a incontrare personalmente i produttiru?

Vado in Italia molte volte all'anno per incontrare i fornitori e conoscerne di nuovi. In generale penso che i cuochi dovrebbero andare più dai produttori agricoli e questi ultimi dovrebbero incontrare di più gli chef. Le nostre attività sono infatti strettamente collegate. Penso sia importante conoscere non solo il prodotto finale ma anche tutto il procedimento di produzione, dall'inizio alla fine, per poterlo poi rispettare in cucina.

Compra materie prime anche da produttori cechi?

Ragiono sempre sulla scelta delle materie prime e non escludo a priori quelle ceche se sono di ottima qualità. Per esempio mi fornisco di erbe e zucche presso alcuni produttori locali, perché garantiscono una qualità uguale o superiore a merce importata dall'Italia.Va da sé che molti prodotti dall'Italia sono insostituibili. Però non credo di tradire la tradizione italiana comprando alcuni prodotti cechi. Così facendo si abbassa un poco anche l'impatto ambientale, che l'importazione di alimenti dall'estero inevitabilmente ha.

La cucina italiana ha una diffusione mondiale. Secondo lei si riesce in questo scenario a preservare la sua autenticità?

Si tratta di un problema complicato. Soprattutto i clienti, che non sono mai stati in Italia, possono essere confusi da molti piatti, che sembrano italiani, ma in realtà lo sono poco o per nulla. I ristoratori quindi hanno la responsabilità di istruire bene i propri clienti. Questo problema l'ho notato soprattutto negli Stati Uniti, dove c'è talvolta anche la difficoltà a reperire le materie prime originali per via dei regolamenti doganali. In Repubblica Ceca invece la situazione è migliore, perché i due Paesi sono più vicini. Le persone hanno quindi più possibilità di visitare l'Italia e gustare lì la cucina italiana.

Molti cuochi rinomati sono diventati negli ultimi anni dei personaggi molto seguiti dal pubblico. Lei invece mantiene un profilo più riservato. Non è mai stato tentato di diventare una star?

Credo che dipenda molto dal carattere delle persone. Io, di natura, preferisco stare in cucina piuttosto che apparire nei media. Un altro fattore da tenere conto è il taglio del ristorante. Non penso che il nostro ristorante sia commerciale e non abbiamo l'ambizione di fare grossi numeri. La nostra notorietà si è costruita con il passaparola. Questo è del tutto diverso dal farsi promozione sui giornali e sui mass-media, cui hanno accesso tutti. Un ristoratore che si fa tanta pubblicità apre il suo ristorante a chiunque e non può più scegliersi la propria clientela. Con il passaparola invece comunicano le persone che hanno un'affinità. Così si crea un gruppo di persone cui piace stare insieme e che gradisce un certo tipo di cucina.

 

Fonte fotografia: Casa De Carli

 

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